Abbiamo lasciato trascorrere del tempo, prima di pubblicare questa terza e ultima parte.
Si cominciava già a intravvedere la luce in fondo al tunnel, ma l’andamento altalenante dei contagi, in miglioramento per alcuni giorni, poi stabile, poi nuovamente in peggioramento, prima di cominciare una più costante curva discendente, ci ha fatto a lungo riflettere sul quarto punto oggetto di questa disquisizione sugli elementi fondamentali per superare la crisi generata dal Covid-19:
La resilienza
Promuovi la resilienza – Sii proattivo nell’individuare il positivo nel negativo per favorire un rapido rimbalzo dalle avversità.
L’ottimismo realistico, la speranza radicata e i miglioramenti graduali ma percettibili della fiducia ci hanno aiutato a riprenderci nei giorni brutti e nelle settimane, anzi nei mesi di crisi.
Ma si è dovuto aggiungere a questa combinazione di fattori un livello adeguato di emozioni positive; sono loro il vero carburante della resilienza.
Le emozioni positive arrivano da varie cose, anche molto diverse fra loro, ma tutte in grado di generarle: gratitudine per ciò che è buono nella nostra vita, connessione e condivisione di sfide, compassione e amore per la sofferenza degli altri, un senso di gioia e avventura mentre navighiamo verso l’ignoto, un senso di scopo e una chiamata a trascendere una crisi e, se ce ne è data la possibilità, la gioia del lavoro di squadra collaborativo per superare le sfide.
Questo permette di caricare la “molla” tipica della resilienza, la capacità di piegarsi sotto sforzo e di accumulare l’energia sufficiente per ritornare alla posizione originale, senza subire deformazioni permanenti.
Ma non si può aspettare, stare semplicemente alla finestra, sperando che la situazione evolva, mentre noi ci trasciniamo in uno stato passivo.
Siamo stati bloccati a lungo in spazi ristretti, senza possibilità di agire secondo le nostre abitudini, di frequentare persone, di relazionarci con colleghi e amici, nemmeno con i parenti e i familiari che non vivevano con noi, sotto lo stesso tetto.
Molti hanno anche dovuto affrontare l’angoscia del distanziamento dai propri cari, colpiti dal virus; alcuni hanno dovuto addirittura affrontare il lutto causato dalla perdita di persone affettivamente vicinissime, senza nemmeno poter dar loro un ultimo saluto, partecipare a una cerimonia funebre, accompagnarli nell’ultimo viaggio.
Senza resilienza, tutto ciò non si sarebbe potuto affrontare. Ma nessuno “studia” Resilienza. Ecco quindi dove può scattare veramente l’aiuto di un Coach: nell’accompagnare i propri coachee in un percorso di sviluppo di relisienza, non solo durante il periodo del lockdown, ma anche e, forse, soprattutto ora, in fase 2 o 3 o come la si dovrà chiamare, nella sua evoluzione a piccoli passi. Quella fase tanto attesa e avviata come successione di blocchi che autorizzano man mano a ridurre le limitazioni imposte dalle misure di contenimento adottate, ma ancora con la presenza di incertezza e di possibili arretramenti su questo percorso di liberazione.
Libertà? Oppressione
E, infatti, tutto ciò non può essere vissuto come una liberazione, un disperato anelito alla riconquista della “libertà”. Se ne sono visti gli effetti. Usciti di casa è scoppiato il fastidio, se non addirittura il rifiuto, per tutto ciò che ci impone delle limitazioni: mascherine, guanti, distanza interpersonale. Dopo mesi di assoluto rispetto di regole ben più severe (mai eravamo stati costretti a stare chiusi in casa per norma di legge) uscire, con restrizioni ben inferiori, ha scatenato una sensazione di oppressione.
Non resilienza, infatti, ma fuga dalla prigionia, con un fenomeno di rimbalzo negativo che si appoggia su elementi sopravvalutati perché percepiti come enormi, insopportabili, pur nella loro piccolezza, rispetto alle restrizioni precedenti.
Il ritorno al contesto originario non sopporta limitazioni; anche quando si è stati capaci di sviluppare, grazie all’adattamento, nuovi comportamenti imposti da un contesto totalmente alterato rispetto al normale, come quello del lockdown.
È come dire che è più facile vivere nel “totalmente diverso”, che in un “normale modificato”.
Il Coaching è allenamento per il domani
Per questo abbiamo voluto ritardare la pubblicazione di quest’ultima parte; perché, come sempre avviene, il Coaching non è sempre lo strumento più idoneo per affrontare situazioni in fase “acuta”, ma risulta assolutamente efficace quando occorre sviluppare le capacità e le attitudini necessarie a raggiungere nuovi obiettivi, in presenza di ostacoli, incertezze, cambiamenti continui e imprevedibili, come il momento in cui tutto sembra tornare alla normalità, ma… il mondo ci è cambiato e continua a cambiarci sotto i piedi. Una vocazione all’allenamento per il domani, qualunque esso sia, basato sulle potenzialità, spesso inespresse, di ciascuno di noi.
E quindi, dopo l’ottimismo realistico, la speranza radicata, la fiducia e la resilienza, ecco il momento di dare il nostro contributo di Coach, accompagnando i nostri clienti nell’identificazione e nello sviluppo di tutto quanto permetterà loro di crescere, come persone e organizzazioni, in un nuovo contesto che il Covid ci sta lasciando in eredità, non come risultato passivo, ma, come avviene in natura e nelle organizzazioni sociali, come evoluzione generata sì da una crisi, ma che costituirà un ulteriore passo in avanti dell’Umanità.
Il nostro invito: scegli un Coach che ti accompagni nel percorso verso un futuro sicuramente diverso e, ci auguriamo, realmente migliore.
(fine parte 3 di 3) –